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bimbo in braccio al padre

La raccolsi da terra e la presi in braccio. Mi veniva quasi da piangere. Era così piccola, fragile e indifesa. Piangeva. Era caduta dal lettino. Sembrava pura nella sua innocenza. Le misi le dita tra i capelli e iniziai a farle delle carezze. Leggere. Sembrava un tesoro prezioso. Speciale. Era impossibile non innamorarsene a prima vista. Era dolcissima con questi occhioni grandi. Non riuscivo a credere che qualcuno avesse deciso di abbandonare un esserino così bello e speciale.

Quando parliamo di comunicazione uno degli elementi fondamentali è la capacità di esprimere emozioni forti. Specialmente la capacità di evocare emozioni veramente forti in pochi secondi.

Nell’improvvisazione teatrale e nel teatro in generale, una scena funziona bene quando è ricca di emozioni. E’ anzi il modo ideale per generare rapidamente interesse in quello che si sta dicendo.

Una scena che inizia come il racconto che ho scritto all’inizio può cogliere rapidamente l’interesse del lettore. Una storia che inizia stile: “Ciao, anche tu aspetti l’autobus?”. “Si.” “Ah ok grazie”… non è di nessun interesse. Proprio perché non c’è alcuna emozione in gioco.

E’ inutile dire che è fondamentale padroneggiare le proprie emozioni in tutto. Dalle relazioni, alla vendita, alla gestione dei colleghi e qualsiasi altra persona potrebbe interagire con noi. Al netto ovviamente di fare contenuti online o sul palco.

Le basi

rosa insanguinata

Avevo le mani sporche di sangue. Finalmente era finita. Era finita. Mi sentii libero. Libero come non lo ero mai stato in anni. L’aria entrava nei polmoni come se fosse la cosa più buona mai respirata. Porre fine alla sua stupida esistenza era stato un sogno. Un sogno ricorrente, per anni. Il dramma. L’ira. I litigi. I soldi che gli dovevo. Tutto era finalmente finito. Avevo risolto il problema. Ora però… dovevo occultare il corpo. Era solo questione di tempo. Un’ansia devastante entrò nel mio petto come fosse gas nervino. Non ero libero.

Mi ero imprigionato. Con le mie stesse mani. Non avevo vinto. Avevo perso… tutto.

Negli ultimi anni a mio avviso si è spinto davvero tanto sulle emozioni vendendole un po’ come la panacea a tutti i mali. In modo decisamente esagerato.

Un linguaggio emotivo è certamente utile e interessante in certe circostanze. Come inutile o persino deleterio in altre. In un articolo informativo, come questo, è normale che il 90% o anche 100% del linguaggio sarà logico razionale. Ed è la tipologia di linguaggio adatta sia per uomini che per donne.

Tuttavia, ci sono molte occasioni dove invece un linguaggio emotivo è fondamentale e può cambiare totalmente le sorti di una discussione, trattativa o rapporto.

E’ quindi necessario essere in grado di poter esprimere emozioni forti in tutto lo spettro emotivo. Quindi sia emozioni forti “positive” che emozioni forti “negative”. Uso volontariamente questi termini che tuttavia da ora in poi mi rifiuterò di usare in quanto fuorvianti.

Un’emozione come l’odio, la furia omicida, la depressione, la voglia di vendetta, ecc. sono emozioni come tante altre. E’ importante ricordare, come abbiamo sempre detto, che bisogna cercare di fare azioni il più possibile “positive” (a “karma positivo” come le abbiamo chiamate :-)). E quindi è comprensibile che chi vive una forte emozione di ira molte volte la associa ad azione lesive. Per se stesso o per gli altri.

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Dall’altro canto però, negare o opprimere queste emozioni ci porta a notevoli disfunzionalità. Se infatti ci permettiamo di odiare qualcuno o provare l’emozione del suicidio senza giudicarci, potremmo contemplarla, farla nostra, elaborarla ed eventualmente capire il motivo per cui ci sentiamo così fino a risolverlo.

Se invece cerchiamo di negarla, nasconderla, ci vergognamo o ci giudichiamo… il rischio è quello di non voler affrontare questa emozione finché non diventerà così grande da distruggerci e farci esplodere.

Un esempio emblematico di tutto ciò lo vediamo nella serie TV di Breaking Bad dove Jesse Pinkman va in comunità e, avendo fatto cose veramente violente e negative, non riesce ad accettare ciò che ha fatto. Le emozioni che ha vissuto e i motivi per cui ha preso certe decisioni lo distruggono e non riescono a fargli accettare se stesso.

Viceversa, si può anche aver problemi a vivere ed esprimere emozioni positive. Un esempio può essere la gratitudine. Un altro può essere l’amore. Un altro può essere il voler prendersi cura degli altri. O il mostrarsi deboli e fragili.

L’incapacità di provare amore davvero può portare alla dipendenza dal sesso. Cercando rapporti in cui non si preveda il dover provare quell’emozione.

Pertanto, il vivere correttamente emozioni forti. Siano esse ritenute “positive” oppure “negative” è fondamentale per il benessere psicologico delle persone. Se associamo tutto ciò una programmazione mentale corretta, il soggetto prenderà sempre decisioni a kharma positivo nonostante possa vivere talvolta emozioni considerate “brutte” o “negative”.

Entrare nello scenario emotivo

elegante che arriva all'ingresso

“Piacere di conoscerla. Giulia mi ha parlato tanto di lei. Sono davvero felice di conoscerla.” Si stava aggiustando la cravatta con fare nervoso. Era imbarazzato. Guardai Giulia. Era incredibile che avesse già 18 anni. Con quel vestito elegante. Con lo spacco addirittura. E pensare che fino a qualche giorno fa era solo un fagottino fragile e innocente. Se suo padre non l’avesse abbandonata non sarebbe nemmeno lì.

Una componente fondamentale delle emozioni è riuscire a entrare pienamente nello scenario. Non importa quanto possa essere “brutto” o “sbagliato” o “pauroso”… se non entriamo non riusciremo mai a vivere e a far provare quell’emozione.

Voglio rappresentare un killer che uccide qualcuno? Devo immaginarmelo felice di uccidere. Consapevole che quella era la soluzione migliore, quasi una salvezza. Se vediamo un film come American Sniper, Jeffrey Dahmer o altri il protagonista è pienamente convinto che ciò che fa è giusto, lo renda felice e sia la cosa migliore.

Lo stesso vale per i vari boss mafiosi che sono convinti che le loro scelte siano “l’unica soluzione”. O addirittura che sono i salvatori della loro patria. E che senza di loro le cose “non funzionerebbero”. Lo stesso vale per Hitler, che era convinto che con la sua azione avrebbe “purificato la razza” e quindi portato un mondo migliore.

Se dunque voglio rappresentare un “cattivo”, come Hitler o il Joker… devo riuscire a entrare totalmente in quello scenario. A fare miei quei pensieri. A rivendicarli, anche solo per un istante, come giusti.. legittimi… sensati.

Ed è quello che fa Breaking Bad. Ci fa “innamorare” del personaggio. Di questo “povero” Walter White. Un semplice professore… che è “costretto” a fare tutta una serie di azioni sempre più terribili. E ignobili. Azioni che senza aver saputo tutto il suo background avremmo giudicato unanimamente come inaccettabili. E lo avremmo condannato come “tiranno” o “bestia” senza nemmeno ascoltarlo.

In una scena del film di Joker il protagonista dice una frase molto iconica. “Mi fa sempre le stesse domande ogni settimana. Come va il lavoro? Hai avuto dei pensieri negativi?… Sono soltanto… negativi… i miei pensieri”.

Joaquin Phoenix ha infatti dovuto fare un lavoro straordinario per riuscire a entrare nel personaggio per riuscire a raffigurare una persona che aveva accumulato così tanto odio. A mio avviso una delle interpretazioni in assoluto più difficili da interpretare.

E’ anche il motivo per cui Vince Gilligan dice che quando è finito Breaking Bad ha quasi tirato un sospiro di sollievo. Entrare nella testa di Walter White e pensare come lui è straziante. Una persona carica d’odio che agisce in modo avventato e senza scrupoli. E’ un sistema di pensiero davvero pesante da sostenere e vivere. Specie per anni.

Uno potrebbe pensare che nella normalità non ci capiterà mai di interpretare personaggi difficili o con emozioni così forti. Tuttavia il “male” o “l’odio” sono cose con cui dobbiamo far fronte quotidianamente. In misura molto più lieve magari, ma le dinamiche sono simili. Saperle ascoltare, comprendere, capire e guidare è fondamentale. Giudicarle vuol dire perdere il nostro interlocutore per sempre. E se queste persone sono i tuoi figli… potresti non riuscire a perdonartelo per tutta la vita.

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Inoltre, è sempre possibile fuggire alle emozioni. Pure da emozioni “belle” perché ne hai paura. Come quando mi chiesero di interpretare uno sposo che doveva essere felice. E io davvero non potevo immaginarmi come potesse essere felice qualcuno da sposato. Avendo vissuto in un matrimonio finito in modo negativo.

Lo stesso può accadere per chi, come il Joker, è stato fatto sentire sbagliato, rifiutato, abbandonato, evitato o semplicemente brutto. Ci sono milioni di motivi per cui ci sentiamo di meno rispetto ad altri. O motivi per cui altri ci fanno sentire così. Molti in questa situazione non vedono l’ora di vendicarsi. O di fare anche loro del male agli altri sentendosi legittimati. E’ naturalmente sempre un’azione sconveniente per tutti. Riuscire però a entrare in quel sistema di pensiero, non giudicarlo e aiutare il soggetto è spesso fondamentale.

Addirittura possiamo avere paura ad esprimere amore o affetto a qualcuno per timore che ci faccia sentire un oggetto, oppure che ci tradisca. O che insomma ricambi la nostra offerta d’amore con odio, abbandono o scherno. In buona sostanza non importa l’emozione. E’ spesso molto difficile vivere ognuna di queste. Da quelle positive a quelle negative.

Il risultato è che cerchiamo sempre di più una comunicazione sterile e distaccata. Questo vale tanto a lavoro quanto con il nostro partner o eventuali nostri amici. Per quello sempre più spesso vediamo rapporti superficiali, persone che cambiano lavoro o partner come se fossero paia di calzini. E io sono il primo ad aver fatto tutto questo, convinto sul momento che avesse senso.

Tuttavia, sono proprio le emozioni che rendono vive le persone. Questo contrasto fortissimo tra odio e amore. Tra giusto e sbagliato. Tra felicità e infelicità. E’ questo che rende i film un successo. E lo stesso vale per le relazioni, il lavoro e ogni altra relazione sociale. Le emozioni sono quel collante che fanno funzionare le cose rendendole di successo. Interessanti. Degne di essere vissute. Il resto è noia, banalità.

Per evocare dunque un’emozione davvero forte dobbiamo essere in grado di immaginarci la scena nella nostra mente. Di essere dentro. Di vivere appieno quel personaggio. Farlo nostro. Entrargli nelle viscere e parlare dalla sua bocca. Non importa quelle che possono essere le conseguenze. Se soffriremo o saremo felici. Dobbiamo lanciarci nel vuoto provando quell’emozione a mille.

La paura di soffrire è una delle motivazioni più grandi che ci frenano dal provare emozioni davvero forti. Specie per chi conosciamo poco. Specie per chi ci sembra poco degno di fiducia o affidabile. Ed è quello che spesso ci priva di interazioni e relazioni davvero degne di essere vissute.

Non riesci a farlo? Puoi usare la tecnica del Big-T e in generale le metodiche della riprogrammazione mentale per riuscire a permetterti di vivere appieno le emozioni che ora ti sono negate. Ne parleremo nei successivi articoli entrando più in merito, essendo un tassello fondamentale.

Relazioni

tenersi per mano

Era arrivato il momento. Doveva dirglielo. Erano abbracciati. Stavano guardando la luna. Figa Enrico dai. Diglielo. “Ahem”. Romantico eh. Enrico. Ahem. E’ così che vuoi iniziare a parlarle? “Giulia… sai. E’ davvero bello stare con te.”

Ma che cos’è. Dai Enrico. Puoi fare di meglio. E’ bello stare con te. Cos’è, un gatto? Lei girò un attimo la testa per guardarlo. Non capiva. La stava mollando?

“Giulia… io.. beh senti. Ti amo. Ti amo davvero tanto. Non riesco più a non dirtelo. Ho il cuore che scoppia di gioia ogni volta che ti vedo. Ogni istante che passo senza di te mi sembra di non riuscire a respirare. Passo le giornate a pensarti. A chiedermi cosa fai. Se sei felice. A volerti anche solo abbracciare. Accarezzarti il viso per un attimo. A baciarti la fronte. Sei l’unica persona davvero importante per me. Sei speciale. Vorrei stare per sempre con te.”

Giulia cominciò a sbattere gli occhi un attimo tra l’incredula e lo shockato. Ecco, grande Enrico. Adesso questa ti dice che eri solo una storiella estiva e game over. Sei davvero un fesso.

“Davvero provi questo per me?” gli chiese.

Dille che scherzi, dai. Che in realtà era una burla, per vedere se ci cascava. Che potete continuare a frequentarvi così, senza impegno. Non essere pesante. Dai fai il disinvolto.

“Potrei morire per te se solo me lo chiedessi da quanto ti amo.”

Vabbè allora sei un fesso. Diglielo no. Così la facciamo finita subito.

“Oddio… non te lo chiederei mai. Ma anche io ti amo. E non sai quanto. Non credevo di piacerti davvero. Avevo paura stessi per lasciarmi. Ma anche io voglio stare con te. Per sempre.”

Le emozioni più forti nascono dalle relazioni. Più forte è la relazione, più forte sarà l’emozione.

Madre, Padre, Fratello, Sorella, Fidanzato/a, Moglie, Marito, ecc. Più una persona ha un “ruolo” importante nella nostra vita, più è inevitabile che l’emozione sarà forte. E’ molto difficile infatti amare o odiare uno sconosciuto. Un qualcuno che ha poco a che fare con la nostra vita.

Certo, se ci riga la macchina magari ci farà incazzare. La vicina che batte in casa perché facciamo troppo casino per lei vorremmo solo scendere e dirgliene quattro. Però è un qualcosa che tempo qualche ora ci siamo già dimenticati.

Se paperino93 ci scrive su instagram che siamo dei falliti magari sul momento ci infastidisce ma la cosa rimane lì. Se ce lo dice nostro padre o il padre della nostra fidanzata o di nostra moglie, potrebbe anche segnarci per anni.

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Non serve necessariamente essere “biologicamente” il padre o la madre di qualcuno per creare quella tipologia di relazione. Mi è capitato con alcuni ragazzi che ho seguito di stargli così tanto dietro e prendermi così tanto cura di loro da veramente essere come il “padre sostitutivo”. Persone che se dovevano fare virtualmente qualsiasi cosa mi chiedevano per avere una mia opinione.

Altre relazioni forti possono essere il maestro, il mentore, il coach o figure comunque che per definizione si “prendono cura di noi”. E’ il motivo per cui in un’improvvisazione funziona dieci volte meglio entrare e parlare a un ipotetico fratello o padre, piuttosto che al commesso della banca. Con il secondo sarà molto difficile creare un’emozione interessante e credibile.

E’ quindi indispensabile, se vogliamo generare emozioni forti con qualche soggetto, ricreare una relazione forte. Immaginarci di adottare tizio o caio quasi come se fossimo il padre. O quasi che fossimo il fidanzato/a. E prenderci realmente cura di quella persona. Non c’è niente di più appagante, anche per un cliente, di essere coccolati e accuditi come la persona più importante della sua vita.

Molto spesso invece, come dicevo prima, si tende sempre a essere molto distaccati. A mettere come un vetro. Un qualcosa di invalicabile. Anzi addirittura molte persone ti fanno soffrire volutamente come a farti intendere che non sono disposte a prendersi cura di te. Che si ok hanno bisogno di te, ma fatti in là non farti strane idee, loro non ci saranno per te.

Questo atteggiamento porta inevitabilmente le persone a creare emozioni deboli, legami ancora più deboli e fragili, che presto o tardi sono destinati a rompersi e a non durare nel tempo. Tendiamo a vivere di questi frammenti di relazione. Affetto sparso, senza un nome, piccoli gesti di gentilezza che rimangono lì sospesi nel vuoto.

Per questo motivo è fondamentale selezionare poche persone, creare delle relazioni con loro stabili e forti, per poter dunque vivere emozioni davvero forti. E’ anche il motivo per cui fidanzarsi in modo stabile e duraturo con una persona ti porta a provare il massimo delle emozioni. Proprio perché puoi farla sentire speciale e unica, cosa che non puoi fare in nessun altro modo.

Trasferimento dello stato

a letto malato

“E’ in condizioni critiche. Ha solo qualche giorno di vita. Presto i suoi organi cederanno. Il cancro lo sta divorando. Mi dispiace.”

Enrico strinse la mano di Giulia. Sapeva quanto fosse importante per lei suo zio. Si era preso cura di lei da quando era piccola. E ora la sua vita stava giungendo al termine.

“Voglio parlargli. E’ possibile?”

La sua camera era immersa nell’oscurità. A suo zio dava fastidio tutto, in particolare la luce. In quei giorni la odiava, diceva che gli uccideva la testa. Era però sempre felice di vederla. Di poterle parlare.

“Enrico, potresti aspettare fuori? Voglio parlare con Giulia”. Enrico annui in silenzio e chiuse la porta.

“Giulia… mi mancano ancora pochi giorni. Non mi manca molto da vivere. Però è giusto che tu sappia la verità. Forse è tardi. Spero che non mi odierai.”

Giulia lo guardò incredula. Cosa voleva dirle?

“Tuo padre non è morto. Ho pensato che fosse più semplice. Quando aveva 22 anni ebbe un grave litigio con nostro padre. Tuo nonno. Non si sa esattamente per cosa, ma le sedie in casa erano distrutte. I piatti infranti ovunque. E c’era una grande pozza di sangue al centro della stanza. Pensammo che qualcuno li avesse uccisi entrambi. Per giorni non si sono trovati da nessuna parte. Poi tuo nonno fu ripescato dal lago a 20km da casa di tuo nonno. Il corpo era stato gettato da un ponte. Tuo padre ancora non si sa dove sia.”

Giulia battè le palpebre all’impazzata. Suo padre era morto. Era andato in guerra. Aveva combattuto al fronte ed era anche stato onorato con delle medaglie. Ce le avevano in casa. Gliene ha parlato almeno 10 volte. Cosa stava dicendo?

“E le medaglie? E la guerra? Zio, ma cosa stai dicendo?”

Lo zio prese aria. Si fermò. Chiuse gli occhi. Sembrava che il tutto gli stesse costando un’enorme fatica.

“Sono tutte vere. Tuo padre è andato in guerra e davvero gli hanno dato quelle medaglie. Purtroppo però aveva un qualcosa dentro che non è mai riuscito a domare. In guerra probabilmente lo aiutato. Ma con tuo nonno… l’ha portato a fare un’azione terribile. Tu per fortuna eri nella tua cameretta. Eri caduta per terra. Non ho più saputo nulla di tuo padre. Forse è ancora vivo. Non ne ho idea. Alla fine non cambia molto. Però volevo che lo sapessi.”

Molto spesso siamo timorosi del vivere certe emozioni. Abbiamo paura di innamorarci o di mostrarci fragili o far vedere che ci siamo emozionati. E’ come se il mostrarci freddi, imperscrutabili e anche distaccati per molti sia un punto di forza piuttosto che di grande debolezza.

Anche nel lavoro spesso può sembrare che il mostrarsi entusiasti o addirittura felici sia qualcosa di negativo. Quasi che vuoi leccare il culo a tizio o caio solo perché gli hai detto che ha avuto una grande idea e che non vedi l’ora di realizzarla assieme a lui.

Tuttavia, l’unico modo per emozionare le persone è emozionarci noi in primis. Se ci innamoriamo noi e questa emozione è davvero forte, possiamo molto più facilmente far innamorare qualcun altro. Proponendogli di condividere questa emozione con noi. E’ naturale che questa persona potrebbe rifiutare la nostra proposta. Tuttavia, sarà molto più difficile che questa persona si innamori se facciamo i freddi, i disinteressati o comunque non mostriamo alcuna emozione.

Similmente il modo migliore per accendere una scena è entrare volutamente con un’emozione forte e cercare di offrirla agli altri personaggi in modo che reagiscano a questa emozione. Questo concetto è dunque fondamentale perché anche un’emozione “negativa” come l’ossessione o la depressione o altro se vogliamo trasmetterle dobbiamo essere noi in primis a viverle. Fuggire da queste emozioni o non volerle vivere equivale a non voler “entrare nel personaggio”.

Per questo è fondamentale sbloccarsi il più possibile in modo da poter vivere il più ampio spettro di emozioni possibili. E riuscire quindi ad esprimerle e trasmetterle agli altri vivendole in primis.

Conclusioni

I brevi racconti che ho allegato a ogni capitolo sono degli esempi di racconti puramente emozionali. Di dati, informazioni, fatti, ecc. c’è ben poco.

Chi è Enrico? Perché ci interessa sapere le vicende di Giulia? Che fine ha fatto il padre? Era veramente un cattivo oppure ha solo fatto un errore? Si è suicidato, è stato ucciso, ha dovuto cambiare identità? Come ha preso Giulia la notizia che il padre era ancora vivo? Era felice, incazzata con lo zio o odia il padre per questo?

Non c’è una risposta, ma le domande stesse ci fanno crescere dentro sempre di più l’interesse. Per capire come evolverà l’altalena emotiva.

Ben poco sappiamo della trama. Eppure quei piccoli spezzoni, a mio avviso, “funzionavano”. Proprio perché viene detto il giusto indispensabile. Sfruttando le emozioni e ciò che si prova nella narrazione a fronte dei meri fatti oggettivi. In improvvisazione si dice “definisci senza essere didascalico”.

Ovvero utilizza le emozioni invece di dare una serie di fatti magari poco interessanti che l’ascoltatore si dimentica anche facilmente. In questo modo chi entra dopo può aggiungere dettagli, senza paura di contraddire quel (poco) che è già stato detto.

Utilizzando le emozioni creiamo dunque subito interesse e prendiamo l’attenzione di chi ascolta. Saperle padroneggiare e vivere appieno è ciò che rende le nostre vite degne di essere vissute. Ci permette di sentirci completi, appagati. Giudicare le nostre emozioni o, peggio, negarle è ciò che ci può far nascere dei complessi sempre più grandi. Impedendoci di entrare in scenari per noi importanti. Portandoci a soffrire sempre di più.

Un’attenta e capace gestione delle proprie emozioni e della loro espressione fa davvero la differenza a livello di comunicazione. Nei prossimi articoli entreremo di più nel merito delle singole emozioni, come padroneggiarle e come riuscire a viverle appieno. Se non vuoi perderteli, seguimi su instagram 🙂