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Questo articolo sarà molto tecnico. Tuttavia mi servirà come tassello fondamentale per molti articoli più avanzati di cui parlerò successivamente.

Abbiamo già parlato delle basi di verità. Oggi capiremo come vengono organizzate le basi di verità e soprattutto perché la maggior parte di esse sono immutabili o quasi. Motivo per cui il 99% delle persone non cambia, al massimo peggiora.

Fattore critico #1: EMOZIONE

emozione e memoria

La corrente che ci permette di immagazzinare un ricordo in memoria è proprio questa: un’emozione. Più è forte questa emozione, più il ricordo sarà vivido e indelebile nella nostra mente.

Pensa al tuo primo bacio oppure pensa a quando ti hanno investito o quando ti hanno picchiato da piccolo o quando hai avuto veramente paura. Quei ricordi ce li hai stampati in testa molto più in profondità di altre giornate dello stesso periodo in cui magari non è successo granché. Giornate che ora sono totalmente dimenticate e impossibili da rievocare.

Ecco, questo fattore è davvero un fattore cruciale. Sia se vuoi imparare qualcosa per un esame, sia se vuoi riprogrammare il cervello, visto che il meccanismo per ricordare segue proprio questa connessione.

E’ un meccanismo fondamentale dunque per capire cosa hai già installato in memoria ma anche per installare nuove basi di conoscenza e persino nuovi ricordi che possono andare a sovrascrivere il tuo passato.

Molto banalizzando e semplificando abbiamo due emozioni principali:

  • amore
  • odio

In realtà esistono una miriade di emozioni secondarie. Per esempio, abbandono, frustrazione, rabbia, schifo, ecc. oppure gratitudine, pace, felicità, benessere, ecc.

Può sembrare un dettaglio, ma non lo è. Stimolando il nostro cervello chiedendogli di evocare l’emozione “frustrazione” potrebbe evocare immagini e ricordi completamente diversi da “odio” e ancora da “abbandono”. Sono emozioni che immagazzina in modo differente.

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Questa sfumatura è particolarmente utile e interessante in fase di estrazione dei ricordi. Quando dobbiamo dunque andare a stimolare il cervello per rievocare ricordi sopiti, riuscire a stimolarlo con la parola giusta può fare molta differenza.

Tuttavia, quando invece dobbiamo andarle a “sbloccare”, l’approccio è equivalente. Categorizziamo infatti tutte le prime emozioni come “negative”. Mentre pace, gratitudine, ecc. come “positive”. Questo è particolarmente un problema a livello mentale perché il nostro cervello genera due reazioni:

  • fuga
  • attaccamento

O, in altri termini ancora:

  • vittima
  • carnefice

Schema mentale: fuga VS attaccamento

fuga vs attaccamento

La reazione di fuga è una reazione tipica a un’emozione che il nostro cervello ha giudicato come “negativa” o, peggio, “socialmente non accettabile”.

Facciamo un esempio. Mio padre mi ha abbandonato da piccolo. Mia madre entra in camera e mi dice: “mi dispiace! Si vede che tuo padre non ti ama. So che stai soffrendo molto. E’ proprio brutto quando un padre abbandona un figlio così”.

Magari fino a quel momento, essendo piccolo, non hai proprio neanche razionalizzato l’accaduto. Non ti sei posto domande e non ti sei dato risposte. Quando si è piccoli non ci si rende neanche bene conto cosa sta succedendo. Tanto che in certi paesi mediorientali danno le pistole ai bambini, gli dicono “uccidi!” e loro lo fanno, convinti che sia un gioco.

Con quella frase dunque, la madre ha di fatto programmato il figlio. Non solo l’ha programmato, ma l’ha praticamente condannato a una vita di merda. Specie se il figlio è piccolo e si fida della madre.

Il figlio infatti immagazzinerà una base di verità simile alla seguente:

  • mio padre non mi ama
  • dato che mio padre non mi ama è giusto che io soffra molto
  • è brutto che un padre abbandoni un figlio così
  • pertanto, per essere stato abbandonato così, è perché sono io a essere sbagliato

Naturalmente non è che la madre è un’infame, è solo che ha anche lei la stessa identica programmazione. La sta solo passando involontariamente al figlio. Probabilmente anche lei ha vissuto una situazione simile in passato e ancora si giudica per questo. Pertanto, avendo fatto rivivere al figlio la stessa situazione, gli dice una cosa abbastanza banale: sei sbagliato. Esattamente come me!

Molto probabilmente come conseguenza di tutto questo avvenimento il figlio potrebbe installarsi anche le seguenti basi di verità:

  • l’amore non esiste
  • l’amore è solo finzione
  • una relazione non può durare perché pure l’amore vero è destinato a finire
  • il matrimonio è una merda
  • ecc.

Pertanto il figlio comincerà ad assumere dei comportamenti evitanti. Ovvero dei comportamenti che, inconsciamente, lo porteranno ad avere un distaccamento emotivo nei confronti del sesso opposto. Prediligendo rapporti superficiali e vuoti, senza emozioni, senza finalità più a lungo termine di matrimonio o altro. Proprio in virtù del fatto che tutti questi scenari sono stati associati al giudizio, disprezzo e alla paura.

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Viceversa, l’attaccamento si può configurare nel modo opposto. Mettiamo che ho vissuto un anno assieme a un compagno bellissimo, generoso, intelligente, buono ecc… e lui all’improvviso è morto. Non mi ha neanche lasciato, è “solo” morto.

In questo caso uno potrebbe dire: beh, non hai una madre che ti programma in negativo. Quindi dovresti essere “salvo”. No?

In realtà no, neanche in questo caso.

Potresti installarti le seguenti convinzioni:

  • è morto per causa mia (dovevo invitarlo a restare il giorno prima, non dovevo comprargli un’auto, ecc.)
  • ho perso l’amore della mia vita
  • non troverò mai una persona che mi renda così felice
  • se andassi con un’altra persona sarebbe come tradire la sua memoria
  • se mi innamorassi di qualcun altro sarei sbagliata perché vorrebbe dire che non ero davvero innamorata di lui. E’ come se lo stessi tradendo
  • ecc.

Non dico che questi pensieri siano giusti o sbagliati moralmente parlando. Probabilmente dovessimo aprire un dibattito non ne verremo più fuori 🙂 è solo un esempio di pensieri che uno potrebbe fare e quindi di basi di verità che finirebbe per installarsi inconsciamente.

Con una base di verità di questo tipo, si avrebbero due tipologie di reazioni possibili:

  • fuga e chiusura totale a livello emotivo. Nessuno sarà mai alla sua altezza quindi mi escludo totalmente da questo genere di emozioni.
  • attaccamento spasmodico a chiunque me lo ricordi anche solo vagamente. L’alternativa infatti è quello di voler rivivere queste emozioni e quindi finire in relazioni che magari non ci piacciono solo per cercare di illuderci di rivivere anche solo per qualche attimo quei momenti così belli. Per poi prendere l’ennesima delusione.

Questi sono casi abbastanza comuni e abbastanza semplici perché facilmente riconducibili alle emozioni principali, ovvero amore ed odio. E’ possibile fare esempi anche con ognuna delle altre emozioni, anche se gli scenari non sarebbero così chiari ed autoevidenti.

Anche una promozione di un collega può far nascere odio, invidia o gelosia.. ma magari analizzare la situazione non è così ovvio.

Schema mentale: vittima vs carnefice

vittima carnefice

Parliamo di tutte quelle situazioni in cui le si vive come una “punizione”. Oppure dove c’è uno che vince e uno che perde.

Generalmente non vogliamo subire punizioni e non vogliamo perdere. Pertanto vogliamo sempre porci sul carro dei vincitori e scampare alla punizione.

Inoltre, ogni volta che qualcuno ci fa sentire sbagliato o ci punisce, esigiamo vendetta e vogliamo macchiare con il sangue questa onta terribile 🙂

Questi scenari e questi comportamenti si configurano in automatico con lo schema vittima <-> carnefice. A seconda della propria base di conoscenza potremmo avere un blocco mentale sia all’idea di assumere il ruolo di vittima che di carnefice o di entrambi.

Facciamo un esempio. E’ un esempio molto estremo solo per essere abbastanza sicuro che chiunque tu sia ti colpisca molto.

Immaginiamo di essere il buon Abramo. Un giorno Dio gli chiede una cosa abbastanza banale e semplice: uccidere il proprio figlio Isacco 🙂

Premessa: non mi interessa convincerti di credere in Dio o cose simili. Prendo una storia biblica solo perché molto probabilmente è una storia nota e la puoi anche trovare descritta facilmente. Giusto per avere maggior contesto. E anche perché il finale di questa storia mi è particolarmente utile per l’esempio.

Mettiamo dunque di dover fare una rappresentazione teatrale realistica di questo passaggio. Dobbiamo immaginare l’amore per nostro figlio, la nostra totale dedizione e voglia di aiutarlo a eccellere e migliorarsi. Inoltre, siamo consapevoli che lui è il nostro unico figlio e dunque unico erede. Perso lui la nostra stirpe verrà totalmente dimenticata.

Dopo anni e anni di investimenti, risorse e aiuto… Dio ci chiede di ucciderlo. Ovvero, di provare l’emozione esattamente contraria a quanto provato fino ad ora, ovvero l’odio. Ancora peggio, non ci dà alcuna motivazione logica, semplicemente ci chiede di farlo.

Il padre, Abramo, a questo punto potrebbe avere varie reazioni:

  • una reazione di fuga: non riesco ad accettare questo comando, quindi scappo dal mio paese. Un modo per scappare potrebbe anche essere “banalmente” il suicidio. Ovvero, mi metto in una condizione di impossibilità di eseguire un certo comando. Questo è un esempio estremo, ma capitano spesso comportamenti di autosabotaggio all’apparenza inspiegabili ma dovuti proprio all’incapacità di riuscire ad eseguire un comando.
  • una reazione di attaccamento: mi blindo in casa assieme a mio figlio con arco e frecce per “difenderlo” da questo infausto destino che non riesco ad accettare. E’ il comportamento tipico di molti genitori che “difendono” il figlio dalla vita, portandolo a diventare sostanzialmente una persona priva di carattere e incapace di prendersi responsabilità.
  • un atteggiamento da vittima: ovvero, lamentarsi con la madre o con gli amici di questo infausto destino. Tagliandosi le braccia e auto mutilandosi in segno di disprezzo contro Dio per questo comando che proprio non riesce ad accettare. Andando da tutti i preti del paese per cercare di cambiarlo piangendo e lamentandosi.
  • un atteggiamento da carnefice: potrebbe iniziare a far sentire in colpa Isacco dicendogli che si è comportato male. Che lo sapeva che era un figlio indolente e incapace e che quindi Dio aveva ragione a ucciderlo. Ecco perché gliel’ha chiesto! Erano anni che gli diceva che era un fannullone buono a niente, finalmente Dio gli ha chiesto di fare quello che ha sempre voluto fare.
  • un atteggiamento che esce da questi schemi e che dunque chiamerò neutro: semplicemente notificare la decisione che Dio ha avuto nei confronti del destino di Abramo ed Isacco e chiedere ad Isacco di accompagnarlo fino al luogo preposto per il sacrifico. Dirgli che è il suo figlio prediletto e che lo ama completamente, ma che in fiducia di Dio dovrà compiere ciò che gli è stato chiesto di fare.

Sembra assurdo, ma sostanzialmente l’ultimo scenario è proprio quello che fa Abramo. Lui infatti, che aveva superato ormai i 100 anni, prese il figlio e lo portò sul monte che gli disse Dio per ucciderlo. Isacco, 25enne, avrebbe potuto fare la vittima, ribellarsi, bloccarlo, fuggire o persino ucciderlo. E invece, in virtù della fiducia cieca sia nei confronti di Abramo che di Dio, fece esattamente ciò che gli venne chiesto. In totale silenzio e fiducia. Motivo per cui poi Dio ha deciso di salvarlo e di rendere Abramo felice.

Molto spesso infatti, per via della nostra programmazione mentale, siamo incapaci di eseguire un comando senza entrare in uno degli schemi visti precedentemente. Perché magari odiamo l’idea di morire. Odiamo l’idea di fare x o y. Odiamo l’idea di passare per cattivi. Proviamo frustrazione, invidia, senso di inferiorità, abbandono o mille altre emozioni all’idea di entrare in un dato scenario applicativo. Questo perché abbiamo una programmazione mentale creata in passato che ha associato a certe azioni queste emozioni da cui cerchiamo di fuggire.

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Inoltre, un altro concetto fondamentale da capire è che, maggiore è l’emozione vissuta sul momento, più forte sarà la programmazione mentale. Quindi, nel bene e nel male, sia gli avvenimenti davvero forti in positivo a livello emotivo, sia gli avvenimenti davvero tragici e terribili, ci segneranno in modo indelebile. In una e nell’altra direzione.

Capire dunque quali eventi hanno scritto la nostra base di verità ed, eventualmente, svuotarli del loro carico energetico (ovvero: dalle emozioni associate), ci permetterà di entrare in scenari che, di fatto, ora per noi sono totalmente bloccati. Bloccati perché non riusciamo ad accettarli e razionalizzarli e quindi sono fuori dalla capacità del nostro cervello.

Nel nostro esempio Abramo è proprio svuotato a livello emotivo. Sta limitandosi a eseguire un ordine, senza giudicarlo o esaltarlo. Non sta idolatrando Dio o festeggiando per questa magnifica notizia, come non lo sta odiando per questo terribile compito. Semplicemente, si sta limitando a eseguirlo.

Molto spesso infatti idolatriamo persone come 007 o Hitman che all’apparenza ci sembrano “freddi”, “senza emozioni”, “spietati” e che semplicemente eseguono gli ordini. Anche chi riteniamo che abbia molta sicurezza di se, magari con l’altro sesso, nelle presentazioni in pubblico, nelle performance ecc… magari ha ansia sul momento, ma è totalmente vuoto a livello emotivo. Proprio perché non è governato da emozioni che lo fanno uscire dai binari, ma è totalmente lucido.

Essere totalmente lucidi è ciò che ci permette di esprimere al meglio il massimo del nostro potenziale in qualsiasi situazione.

Teoria degli scenari

La teoria degli scenari a teatro

Pertanto, come avrai capito, le emozioni ci determinano degli scenari che “ci piacciono di più” e degli scenari che “ci piacciono di meno”.

Se vedi un’improvvisazione teatrale, molti vorranno fare il re. Pochi vorranno fare lo schiavo o lo stalliere.

Paradossalmente, molti vorranno fare l’eroe che viene ucciso mentre vuole salvare la principessa. Pochi o nessuno vorranno fare (o riusciranno a fare in modo realistico) il cattivo che spara e uccide l’eroe. Per questo i cattivi di Hollywood sono sempre gli stessi (sostanzialmente li fa tutti Sean Bean.. ahah :-)).

Addirittura mi capitò di fare un’improvvisazione in cui mia figlia “resuscitò dai morti” perché sia io che i miei compagni non riuscivamo inconsciamente ad accettare il fatto che fosse stata “tragicamente uccisa”. Ci dicemmo che “no, era solo marmellata, non sangue”.

…marmellata… 🙂

Ci sono persino dei workshop proprio incentrati sul vivere i personaggi “scomodi”. Mi raccontarono l’esempio di una ragazza ebrea che le fu proposto di lavorare sul personaggio di un generale delle SS. Alla fine del workshop riuscì a interpretare il generale senza alcun giudizio, rendendolo molto realistico ed efficace.

Comunque, nella vita reale tenderemo a cercare in ogni modo di forzare alcuni scenari. In modo diretto o indiretto. Spesso avrai sentito frasi di questo genere:

  • Sei uguale a tuo padre/a tua madre. Anche tu sei [fannullone/iperproduttivo/ecc.]
  • Sei proprio un/una rompicoglioni. Fai sempre questo/quello, ecc.
  • Tuo fratello è molto meglio di te perché fa x o y mentre tu no!
  • Sei un fallito perché ti droghi/fumi/ecc.
  • Finché non farai x o y (prenderti una laurea, smettere di giocare ai videogiochi, trovare un posto in una multinazionale ecc.) non riuscirai mai a ottenere un vero lavoro.
  • Non mi piace la tua ragazza/il tuo ragazzo. Dovresti mollarla/o!

Queste frasi quello che sotto-intendono è che un certo scenario, magari già scelto da chi ci ascolta, non è per noi accettabile. E dunque lo riteniamo intrinsecamente una pessima scelta e riteniamo che la persona con cui parliamo sia sbagliata.

Di fatto però quella persona ci ha programmato a replicare all’infinito quello scenario. Se infatti usciremo da quello scenario saremo costretti a dire che aveva ragione. Stavamo sbagliando! Siamo stati proprio stupidi a fare x o y. Meglio invece avere ragione e continuare a fare quello scenario terribile che nostra madre odia. Motivo per cui i figli è molto più probabile che fumino se la madre si pone così con loro parlando del fumo.

Molto spesso inoltre possono capitarci scenari che non riusciamo a metabolizzare e che quindi ci fanno sentire intrinsecamente sbagliati. Ormai sono successi e ci odiamo per il fatto che siano successi e non sappiamo come fare.

Per esempio:

  • istinti suicidi o tentativo di suicidio (tagliarsi le vene o proprio autolesionarsi in modo più grave)
  • passato di bulimia o anoressia o comunque vedersi sbagliati fisicamente (genitali non appropriati, forme fisiche non adeguate, connotati da “brutto/a” ecc.)
  • morte di persone a noi care pensando che sia colpa nostra più o meno indirettamente.
  • eccitazione sessuale involontaria per parenti (madre, padre, fratelli, sorelle, ecc.)
  • eccitazione sessuale per persone del nostro stesso sesso (tipica da piccoli)
  • violenze sessuali (da piccoli ma anche da persone più adulte)
  • rifiuto o abbandono dei nostri genitori nei nostri confronti (o anaffettività nei nostri confronti)
  • ecc.

Mi capitò di parlare infatti con un ragazzo che si sentiva sbagliato perché i genitori l’avevano trovato su un balcone che voleva buttarsi giù. E che quindi aveva metabolizzato questo suo gesto come una ricerca dell’adrenalina e un suo modo per suicidarsi. Finendo sostanzialmente per somministrargli lo xanax.

Per via di questo episodio si reputava “sbagliato“, un “giocattolo rotto”, un qualcuno che non andava bene in se e per se. Finché si sarebbe visto così avrebbe per forza di cose odiato se stesso entrando sempre di più in una spirale autodistruttiva.

La teoria degli scenari dunque non è altro che il realizzare che non viviamo ogni scenario in modo “vuoto” a livello emotivo. E quindi possiamo analizzare gli scenari che idolatriamo e quelli che odiamo per cercare di svuotarli fino a riallinearci. Se uno scenario ti sembra la risoluzione di tutti i tuoi problemi… o una situazione ti fa davvero incazzare… ottimo! Hai qualcosa su cui lavorare.

Quando finalmente riusciremo a vivere ogni scenario senza attaccamento emotivo saremo davvero liberi di esprimerci per come siamo senza giudizio e senza emozioni che ci impediscono di vivere appieno la nostra vita.

Cosa che ci porterà anche ad innamorarci dell’amore della nostra vita e a fare inevitabilmente parecchi soldi. Perché tanto ormai non ce ne fregherà più nulla di spenderli per forzare qualche scenario in cui siamo fighi, ricchi o che ostentiamo i nostri risultati.

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Ogni scenario porta dunque con se una base di verità che potremmo adorare come odiare. Potremmo amare l’idea di essere liberi mentre odiare il fatto di essere imprigionati e in catene. Dunque la nostra base di verità sarà “essere libero è fantastico” mentre “dipendere dalle decisioni di mia madre è terribile”. E questo ci farà prendere decisioni che sono in linea con questa base di verità.

Capire la nostra base di verità e di fatto… annullarla rendendo neutra ogni azione… è esattamente l’obiettivo della riprogrammazione mentale. In modo da renderti capace di compiere qualsiasi azione senza giudizio e senza paura.

Ok ma… come si fa???

Beh questa è un’ottima domanda… a cui risponderemo in un altro articolo 🙂

Ti è piaciuto questo argomento? Hai dei dubbi e hai delle domande da farmi? Mi rendo conto che molti temi sono stati appena accennati, ma andremo in profondità su ogni argomento. Promesso!

Scrivimi pure i tuoi dubbi, cercherò di risponderti nel limite del possibile 🙂

A presto e se già non lo fai… seguimi su instagram per non perderti i prossimi articoli.